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Prodotti chimici per lo sviluppo in casa, Come sceglierli?

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audario
view post Posted on 12/7/2007, 16:13 by: audario




VARIABILI DI CUI TENERE CONTO NELLO SVILUPPO

1. aumento della diluizione con conseguente aumento del tempo di sviluppo
Una maggiore diluizione del rivelatore comporta un maggior effetto compensatore (L'EFFETTO COMPENSATORE fa sì che si sviluppino a fondo le ombre evitando al tempo stesso che le luci vadano fuori scala) ed un miglioramento dell'acutanza (L'ACUTANZA è la capacità della pellicola di riprodurre i contorni degli oggetti sotto forma di una netta differenza di densità. La nitidezza di un'immagine fotografica non dipende solamente dalla finezza della grana, ma soprattutto dall'acutanza. Quindi può accadere che un'immagine con grana evidente e ben dettagliata possa apparire più nitida di una che presenti una grana fine e impalpabile. In conclusione la finezza della grana è direttamente proporzionale al POTERE RISOLUTIVO della pellicola, cioè la capacità dell'emulsione di riportare distintamente dettagli molto vicini fra loro; la nitidezza invece, è determinata prevalentemente dall'acutanza).
Di contro, aumentando la diluizione ed allungando i tempi la grana aumenta, con compressione della gamma tonale (poco contrasto).
Ricordiamo però di non fare di tutta l'erba un fascio: il discorso funziona con alcuni rivelatori in polvere ad alta concentrazione di solfito tipo ID-11 e D-76, ma con molti rivelatori liquidi già previsti per forti diluizioni (di solito gli "usa e getta" come l'Ilfosol) le dimensioni e la "qualità" della grana fotografica in questo modo peggiorano sensibilmente.

2. riduzione dell'agitazione
Di solito questo viene abbinato all'aumento di diluizione di cui al punto precedente, sempre per favorire acutanza e compressione tonale. In pratica il rivelatore diluito e poco agitato si esaurisce velocemente sulle zone molto esposte (nere sul negativo) rallentandone lo sviluppo (le luci non si forano) e continua l'azione energica sulle ombre (zone chiare del negativo) aprendo le ombre. In questo modo il negativo si appiattisce e rimane molto leggibile.

3. esporre per le ombre e sviluppare per le luci / il sistema zonale
Per il negativo (che sia bn o colore) occorre prendere in considerazione in ripresa le ombre "importanti" per il fotografo (in questo modo si sovraespone tutto il fotogramma) e poi, per non pelare le alte luci, nel caso le ombre siano molto scure (ad esempio l'interno buio di un negozio con fuori un sole pieno) eventualmente sottoesporre (chiudere) di 1-2 stop. Questa "esposizione per le ombre corretta" permette di rendere le alte luci meno intrattabili. Il negativo rimane ancora molto contrastato, ma a questo punto si interviene con lo sviluppo. Un classico esempio (tratto da www.nadir.it) è l'utilizzo in questo senso di una pellicola HP5 in ID-11 diluito ad 1+3 per 16 minuti invece dei 20 regolamentari, cioè con una riduzione del 20% sul tempo prescritto (sottosviluppo). La generosa esposizione per le ombre in fase di ripresa e l'effetto compensatore del rivelatore consentono di abbassare a sufficienza le alte luci senza perdere dettagli se non nelle aree più scure.
Esporre per le ombre e sviluppare per le luci non significa altro, in parole più tecniche, che sovraesporre e sottosviluppare allo scopo di mantenere contenuti i contrasti, ed è molto utile in quei casi in cui si hanno grosse differenze tra zone in ombra e zone illuminate, in ambedue delle quali si vuol raccogliere il maggior dettaglio possibile. Utilizzando il metodo predetto o altri simili, poi, si riescono comunque a salvare ovviamente anche tutti gli altri scatti fatti sullo stesso rullino.

Riassumendo (molto) i principi del sistema zonale di Ansel Adams, si può dire che, nell'esposizione, è bene controllare soprattutto le basse luci in quanto saranno queste che, nello sviluppo, non potremo più governare (o se potremo, poco). Le alte luci pertanto potranno anche essere leggermente sottoesposte o sovraesposte, purchè naturalmente esse presentino dettaglio. Questa è sostanzialmente la prima fase: fare in modo che, nel momento dello scatto, le parti scure del fotogramma siano più o meno esposte come si vorrà stamparle, e badare che le parti chiare non perdano dettaglio (se, ad esempio, al momento dello scatto c'è molta differenza tra parti scure e parti chiare di un soggetto). La seconda fase consiste sostanzialmente nel tenere conto del fatto che un negativo, nel momento in cui lo si sviluppa allungando il tempo di bagno nei chimici, vedrà le alte luci "aumentare di esposizione" mentre le basse luci resteranno pressocchè invariate. Allo stesso modo, diminuendo il tempo di sviluppo, le alte luci "scenderanno", le basse luci, no. Facciamo un esempio opposto a quello citato in precedenza (fotogramma in cui vi sono grandi differenze di esposizione tra ombre e luci) e supponiamo di avere un soggetto "piatto". Secondo Ansel Adams:
1. Misuro l'esposizione e mi faccio un'idea del risultato finale
2. Tenendo presente il mio obiettivo, espongo in tal modo che le basse luci risultino sul fotogramma esattamente come voglio che siano stampate, perché so che in fase di sviluppo poco potrò fare
3. Le alte luci, visto che siamo in presenza di un soggetto "piatto", verranno probabilmente sottoesposte, o comunque non come vorrei che fossero.
A questo punto, in camera oscura, aumento il tempo di sviluppo: in tal modo, in un certo senso, aumento l'esposizione delle alte luci, mentre quella delle parti scure resta uguale. Ecco che ho aumentato il contrasto.
Il procedimento inverso (cioè diminuzione del tempo di sviluppo) si adotta, ripetiamo, per soggetti con grande differenza di esposizione tra alte e basse luci, ovviamente sempre tenendo presente le "ombre" come parti che rimarranno invariate.

Per inciso, anche se non riguarda la Camera Oscura, discorso contrario vale per le diaposiive, dove si misurano le alte luci e si sottoespone tutto il fotogramma. Per il digitale, invece, dove vale il concetto di "esposizione a destra" dell'istogramma, si torna a sovraesporre +2EV sulle zone più luminose, per avere un istogramma ben distribuito, poi in post-elaborazione tornerò a "sottosviluppare" per riottenere una luminosità generale come desiderata

4. sottoesporre e sovraesporre
Per non creare confusione tra questo intervento, in cui si parla di sovraesporre/sottoesporre riferendosi a tempi e diaframmi, e l'intervento precedente, in cui si parlava di sovraesporre/sottoesporre riferendosi alla sensibilità nominale della pellicola, nonchè a rillacciarci alla corretta esposizione delle diapositive, riportiamo:
se l'esposimetro indica che, dato un certo diaframma, il tempo "giusto" è 1/125 di secondo, e si scatta con 1/250 di secondo, si sta facendo scorrere l'otturatore più velocemente, dunque si sta facendo arrivare meno luce sulla pellicola, cioè si sta sottoesponendo (di uno stop, per l'esattezza). Se invece si scatta a 1/30 di secondo le tendine dell'otturatore scorrono più lentamente, facendo dunque arrivare più luce sulla pellicola. Quindi si sta sovraesponendo (di due stop: 1/125-1/60-1/30).
Veniamo ora agli effetti. Se si sottoespone, la regola generale è che si saturano i colori e che si chiudono le ombre. Vale a dire che la foto assume un aspetto "più scuro", il cielo da azzurro diventa blu, il verde pallido di un prato diventa più intenso, eccetera.
Ora, le pellicole negative hanno una latitudine di posa molto estesa, ovvero sono in grado di non modificare più di tanto la loro resa sia che le si sottoesponga sia che le si sovraesponga. Questo vuol dire che nella pratica uno stop in più od in meno non fanno quasi mai differenza, anche perché una volta in stampa le macchine dei minilab tendono ad "appiattire" i risultati schiarendo le foto "troppo scure" e scurendo le foto "troppo chiare", anche se magari il "più scuro" ed il "più chiaro" erano scelte creative e coscienti del fotografo (ma questo la macchina non lo sa). Le diapositive (invertibili), invece, non vengono stampate ma solo sviluppate, perciò non c'è un intervento esterno che alteri i risultati ottenuti dal fotografo. Però le diapositive hanno una tolleranza molto minore agli errori, per cui uno stop in meno od uno in più fanno una gran differenza; due stop di sovraesposizione normalmente conducono ad una diapositiva completamente bruciata, due di sottoesposizione ad una dia troppo scura.
Di solito, per saturare i colori senza però stravolgere il risultato finale si tende a sottoesporre leggermente le diapositive di 1/3 di stop, o al massimo di due terzi: l'emulsione invertibile diventa piu scura e si ottiene dunque una maggiore saturazione dei colori.
Con le negative, invece, conviene lavorare in senso opposto, e cioè sovraesporre sempre un pochino: i rischi di "bruciare" la foto sono minimi ma in cambio si ottengono quasi sempre maggiori dettagli nelle ombre e colori più ricchi; infatti per saturare maggiormente l'immagine nel caso dei negativi sovraesponendo si impressiona una maggiore quantità di alogenuro di argento e si hanno negativi piu carichi.

Edited by audario - 24/6/2009, 18:24
 
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